Ginepro

Nel nostro giardino cresce un ginepro sardo che, anno dopo anno, sembra scolpire la propria presenza come farebbe un artigiano paziente e sapiente. È una pianta che non si impone con fiori appariscenti né con chiome rigogliose, ma con la forza discreta di chi ha visto passare i secoli. Il suo tronco, contorto e segnato dal tempo, racconta storie che nessuna parola potrebbe esprimere. La corteccia, ruvida e screpolata, assume sfumature di grigio e rosso bruno, mentre i rami, spesso piegati dal vento, disegnano linee eleganti e quasi scultoree contro il cielo limpido. Le foglie, minute e aghiformi, di un verde intenso e opaco, formano fitte corone che proteggono la pianta dal sole cocente e dai venti salmastri che talvolta arrivano dal mare. Ogni volta che ci avviciniamo al ginepro, l’aria si riempie di un aroma secco, resinoso e selvatico, un profumo inconfondibile che pare evocare la macchia mediterranea nelle sue forme più autentiche.

Durante le stagioni più calde, il ginepro sardo si fa ancor più bello. Le sue bacche, dapprima verdi e dure, maturano lentamente, spesso impiegando fino a due anni per raggiungere il loro caratteristico colore blu-nero. La loro superficie cerosa cattura la luce con riflessi delicati e invita lo sguardo a soffermarsi. Quando l’autunno avanza, tra i rami si può osservare questo contrasto cromatico sottile: il verde cupo delle foglie, la corteccia arrossata e le bacche scure che spiccano qua e là come piccole gemme. Gli uccelli del giardino, soprattutto merli e passeri, sembrano apprezzare queste bacche e ne fanno un piccolo banchetto nei giorni più freddi. Anche noi, rispettando la pianta e i suoi tempi, raccogliamo con attenzione qualche bacca matura per preparare infusi o per aromatizzare pietanze secondo le antiche tradizioni locali. Non c’è autunno che non porti con sé questo rito, semplice ma carico di significato, che ci collega in modo diretto al sapere popolare della nostra terra.

Il ginepro sardo non è una pianta che chiede molto. Cresce su terreni poveri, tra rocce e ghiaie, adattandosi alle condizioni più difficili. La sua presenza nel nostro giardino è quasi un atto di resilienza, una lezione di forza e umiltà che osserviamo con ammirazione. Non serve irrigarlo spesso, né proteggerlo con cure eccessive: preferisce il rispetto della sua natura selvatica, un’attenzione silenziosa più che interventi forzati. Anche quando le piogge si fanno scarse e il vento scuote con violenza gli alberi vicini, il ginepro rimane saldo, oscillando ma mai cedendo. E nei giorni di bonaccia, quando il giardino è immerso in una calma quasi irreale, la sua sagoma spicca ancora di più, un monumento vivente al tempo e alla natura.

Col passare delle stagioni, il ginepro ha conquistato un posto speciale nel nostro cuore. Non è solo un elemento del paesaggio, ma una presenza familiare che accompagna i gesti quotidiani: lo sguardo che gli dedichiamo al mattino, il suo profumo che ci accoglie inaspettatamente durante una passeggiata, il tocco ruvido della sua corteccia che ci invita a ricordare quanto la natura sappia essere forte e gentile al tempo stesso. È testimone silenzioso della vita che scorre attorno: i bambini che giocano poco lontano, i pettirossi che cercano riparo nei suoi rami più interni, noi che, semplicemente, continuiamo a vivere accanto a lui. E ogni volta che lo osserviamo, con gli occhi o con l’olfatto, ritroviamo quel senso profondo di connessione con la nostra terra, con la Sardegna antica e selvaggia che il ginepro, più di ogni altra pianta, sembra incarnare.