Visita al Santuario Nuragico di Santa Vittoria

Il sito archeologico è stato riportato alla luce dall’archeologo friulano Antonio Taramelli che – fresco dai recenti studi nella vicinissima Giara di Gesturi – si rese immediatamente conto del valore e dell’importanza che quelle rovine potessero rappresentare per l’analisi della civiltà nuragica.
In quel periodo l’altopiano era ricoperto da una fitta vegetazione, ma questo non impedì un’esplorazione accurata tendente ad individuare gli edifici più significativi del periodo e quindi dar loro una priorità nella ricerca. La sua indagine durò quasi venti anni, ovvero tra il 1907 ed il 1929 anche se comunque non continui. L’area, utilizzata in età nuragica per scopi difensivi, divenne – a partire dalla tarda età del Bronzo/prima età del Ferro (XII- IX secolo a.C.) – un importante luogo di culto, in cui confluivano le popolazioni di tutto il circondario. Riutilizzata per lungo tempo e per scopi differenti – età punica, romana e bizantina – ha sempre mantenuto la destinazione sacra anche in età cristiana, come dimostra la presenza di una chiesetta dedicata a S. Vittoria e situata sul ciglio della Giara. Parliamo quindi di oltre 1000 anni di storia in cui il culto è rimasto vivo nel corso dei secoli, tanto che ancora oggi, l’11 di Settembre, la popolazione locale si reca sull’altopiano per partecipare ai festeggiamenti in onore della Santa.

L’area comprende quattro gruppi di edifici:
L’area sacra: con il celebre Tempio a Pozzo edificato con blocchi basaltici finemente lavorati e dedicato al culto delle acque; il Tempio Ipetrale, il luogo di tutto il Santuario che ha restituito più bronzetti in assoluto e che vede, inoltre, la presenza di due altari in basalto per il sacrificio di animali di grossa taglia quali bovini e cervi, e di taglia più piccola come ovini e suini; il Tempio in Antis, con atrio, sedili e camera con nicchie aperte nella muratura; il protonuraghe, con un lungo corridoio dalla lunghezza di 18 m e la successiva torre con feritoie.
Il nucleo architettonico del Recinto delle Feste: l’area socio – commerciale per feste, affari e soggiorno dei pellegrini dove poter osservare il porticato, la cucina collettiva, il recinto dei fonditori, l’area del mercato con i nove vani dotati di sedili e lastre per l’esposizione della merce, oltre che la suggestiva Capanna dell’Ascia bipenne.
L’area delle abitazioni: con la capanna del doppio betilo, che ha preso il nome dal manufatto trovatovi all’interno, le case del focolare e del guardiano.
Gruppo di edifici del lato orientale: costituito dalla Curia – la più grande capanna delle riunioni rinvenuta in Sardegna e teatro, un tempo, di importanti riunioni tra i capi delle comunità nuragiche circostanti – e dal Recinto dei supplizi – un insieme di edifici caratterizzati da un’atipica planimetria che fecero ipotizzare al Taramelli il luogo delle condanne sancite dal tribunale riunito nell’adiacente Curia.
Dagli scavi sono emersi manufatti che rispecchiano in pieno la maestria degli artigiani nuragici: modellini di nuraghi-altari, protomi taurine, bracciali, anelli, oggetti ceramici e, soprattutto, bronzetti con forme umane, animali e di mezzi di trasporto.

Sono possibili diverse soluzioni di visita con guida e senza oppure acquistare biglietti cumulativi con altri siti di interesse archeologico.